Silvia Romano: «Mi hanno mandata allo sbaraglio». La fondatrice dell’ong si difende: «Non è stata mandata da sola a Chakama»

«Mi hanno mandata allo sbaraglio».
Silvia Romano, interrogata dai magistrati domenica pomeriggio, dopo il suo arrivo in Italia «ha detto chiaro e tondo d’essersi sentita in un avamposto solitario, il giorno in cui fu rapita», racconta “Il Corriere della Sera”. «E che a Chakama, nella scuoletta della savana, forse non era il caso di trovarsi in quelle condizioni. L’unica bianca. Senza scorta, senza collaboratori. Abbandonata lì, con la sua straordinaria inesperienza», scrive il quotidiano di Via Solferino.
Il Corriere riporta poi che «il racconto di Silvia ha fatto infuriare i genitori: la famiglia Romano aveva già rotto i rapporti con l’onlus Africa Milele di Fano, e con la responsabile Lilian Sora che aveva ingaggiato la loro figlia, ma ora domanda che si faccia qualcosa di più».
Lilian Sora, fondatrice di Africa Milele ha dichiarato che la vicenda del rapimento di Silvia Romano «per noi ha voluto dire molto».
«I nostri beneficiari ne hanno risentito e, a gennaio, abbiamo dovuto lasciare a casa i bambini che sostenevano la scuola. I fondi non bastavano più». Il giorno della liberazione di Silvia, Lilian ha fatto capire quanto fosse scossa: «Alla vigilia del rapimento ero stata svegliata da un brutto sogno, quasi una premonizione. Sabato, il mio sogno è stato bellissimo…».
«Nel tempo in cui Silvia è stata rapita, non ho mai smesso d’indagare. Ho scoperto che Silvia era controllata», ha detto ancora Sora, il cui sospetto è che «alcuni componenti del commando abbiano dormito vicino alla nostra casa, prima del rapimento».
«Silvia non è stata mandata da sola a Chakama — si è difesa Sora —. È partita con due volontari e ad aspettarli c’era il mio compagno con un altro addetto alla sicurezza, entrambi masai». Gli uomini «dovevano rientrare a Malindi il 19 novembre e Silvia doveva andare con loro»