Silvia Romano sulla sua conversione all’Islam: «Avevo bisogno di credere in qualcosa, nessuno mi ha obbligata»

Silvia Romano ha raccontato nei dettagli la storia della sua conversione all’Islam durante un colloquio con il pm Sergio Colaiocco e con il colonnello Marci Rosi del Ros.
Nell’interrogatorio, secondo il verbale riportato da ‘Il Messaggero’, la giovane cooperante, rapita un anno e mezzo fa in Kenya e liberata venerdì scorso, ha raccontato:
«Durante gli spostamenti tra un luogo e l’altro mi facevano salire in auto, in moto, o anche su un carretto. Mai a piedi. E una volta raggiunto il nuovo posti dove fermarsi, mi ritrovavo da sola in una stanza, dove, non molto distante, c’era un bagno. Non ho visto altri occidentali, né ho vissuto con altre donne. Ho sentito parlare di altri rapiti, ma non mi è mai capitato di incontrarne».
Prima di essere liberata, Silvia Romano è stata trasferita almeno sei volte e dopo 5 mesi dal giorno del rapimento, si è tenuta una cerimonia, alla presenza dei suoi carcerieri: «Avevo bisogno di credere in qualcosa, di conoscere le ragioni di quanto mi stava accadendo. Ho espresso la volontà di diventare musulmana. Ho recitato le formule e ho dichiarato che Allah è l’unico Dio. È durato tutto pochi minuti. Nessuno mi ha obbligata, è stata una mia scelta. E in quel momento ho scelto di chiamarmi Aisha», ha raccontato la giovane.
Quanto ai filmati girati con uno smartphone dai carcerieri per portare avanti la trattativa per la liberazione, Silvia ha affermato: «Mi spiegava cosa dovevo dire, premettendo sempre nome, cognome e data».
Nel frattempo gli inquirenti stanno lavorando su tabulati e contatti telefonici per risalire a mandanti e organizzatori del rapimento della giovane cooperante. Dai tabulati emerge che ci sono stati contatti fra la banda di 8 criminali che ha sequestrato Silvia con diverse persone in Somalia. Questo rafforzerebbe l’ipotesi il sequestro sia stato commissionato e pianificato in Somalia da islamisti del gruppo Al Shabaab.