Silvia Romano, Di Maio: «A me non risultano riscatti, altrimenti dovrei dirlo»

Per la liberazione di Silvia Romano «a me non risultano riscatti, altrimenti dovrei dirlo. Perché la parola di un terrorista che viene intervistato vale più di quella dello Stato italiano?».
Così il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, a Fuori dal coro su Rete 4.
«A dicembre ho sentito il padre di Silvia, sapevo che lei era viva e non potevo dirlo, perché in questi casi se si danno informazioni e c’è una fuga di notizie poi si rischia che alla fine non riusciamo a riportarla a casa e si compromette tutto. Ho visto questo dibattito: noi eravamo lì, io ero lì perché in questo anno e mezzo di prigionia di Silvia Romano l’Unità di crisi della Farnesina ed io stesso abbiamo sentito la sua famiglia veramente ogni giorno ed eravamo lì ad assistere la famiglia. Lo Stato era lì ad accogliere una cittadina italiana liberata dopo un anno e mezzo nelle mani di una cellula terroristica», ha detto ancora Di Maio.
«Bisogna rispettare questa ragazza perché nessuno sa cosa significa essere ostaggio di una cellula terroristica. Aspettiamo che questa ragazza possa ritrovare una sua serenità: si sono invece scatenate una serie di minacce che rischiano di farle avere una scorta in Italia dopo che l’abbiamo liberata da una cellula terroristica. Non sappiamo cosa c’era dietro il suo sorriso quando è scesa dall’aereo», ha spiegato il ministro.
Quanto all’indagine sulla onlus con cui è partita la cooperante liberata sabato scorso, Di Maio ha affermato: «Non è una di quelle riconosciute dal ministero degli Esteri. Questo non è un demerito, ma non fa parte di quelle che la cooperazione italiana finanzia. Molte volte si dice ‘per evitare i flussi migratori dobbiamo aiutarli lì’ ma per farlo andiamo anche con i volontari. Tutto quello che si potrà fare per chiedere maggiore sicurezza per i volontari delle Ong lo faremo come ministero degli Esteri»