Fontana indagato per frode in pubbliche forniture, Travaglio: «Reato da accertare, ma ecco perché deve dimettersi subito»

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana è indagato per frode in pubbliche forniture insieme al cognato Dini e l’ex ad di Aria Spa, ma – osserva Marco Travaglio nel suo editoriale di oggi – «non è per questo, cioè per un reato ancora tutto da accertare, che Fontana deve dimettersi subito. Bensì per i fatti acclarati che lui ha maldestramente tentato di nascondere».
In primis, secondo il direttore del Fatto Quotidiano, un pubblico amministratore «non può nascondere ai cittadini milioni di euro alle Bahamas e in Svizzera».
Inoltre – spiega Travaglio – «chi accede alla voluntary disclosure riporta fondi neri all’ufficialità in cambio di cifre irrisorie e dell’anonimato e ammette di averli detenuti illegalmente all’estero e al riparo dalle tasse: dunque non può ricoprire cariche pubbliche».
Travaglio elenca altri tre motivi per cui, secondo lui, Fontana dovrebbe dimettersi:
«Fontana non pretese dal cognato i restanti 25 mila camici previsti dal contratto, che invece Dini voleva vendere a una Rsa, privando così medici e infermieri di protezioni fondamentali per l’emergenza».
Inoltre «Fontana ha mentito al Consiglio regionale e all’opinione pubblica, giurando di non aver “saputo nulla della procedura” e di non esservi “mai intervenuto in alcun modo”: invece sapeva tutto dall’inizio (lo informò subito il suo assessore Raffaele Cattaneo) e intervenne fino alla fine: prima favorendo la ditta di famiglia e poi, una volta smascherato, tentando di coprire le tracce del suo mega-conflitto d’interessi».
L’ultimo motivo: «nel vano tentativo di difendere il suo indifendibile sgovernatore, Salvini attacca la Procura col refrain berlusconian-renziano della “giustizia a orologeria” (senza spiegare quali sarebbero gli eventi elettorali influenzati dall’indagine, visto che siamo a fine luglio)», scrive Travaglio.