Di Matteo: da Bonafede «prima una proposta, poi un’altra. Magari uno stop degli alleati o da altri, questo io non posso saperlo»

«Prima una proposta, poi un’altra» dal ministro Bonafede. «Da allora mi sono sempre chiesto cosa era accaduto nel frattempo. Se, e da dove, fosse giunta una indicazione negativa, magari uno stop degli alleati o da altri, questo io non posso saperlo».
Lo ha detto il consigliere del Csm Antonino Di Matteo in una intervista concessa a Repubblica dopo la polemica scoppiata per il caso della sua mancata nomina a capo del Dap.
«Era lunedì 18 giugno – ha raccontato – Ero a Palermo, a casa, il giorno dopo sarei tornato a Roma, nel mio ufficio alla Procura nazionale antimafia. Squillò il telefono, era Bonafede. Mi pose l’alternativa, andare a dirigere il Dap oppure prendere il posto di capo degli Affari penali. Chiuse il telefono dicendo ‘scelga lei’». All’indomani, Di Matteo si è recato al Ministero per incontrare Bonafede: «Gli dissi che accettavo il posto di capo del Dap. Lui, però, a quel punto, replicò che aveva già scelto Basentini».
«Non chiesi al ministro Bonafede perché aveva cambiato idea» sulla mia nomina al Dap «ma rimasi sorpreso. Devo presumere che quella notte qualcosa mutò all’improvviso – racconta – Bonafede insistette sugli Affari penali, parlò di moral suasion con la collega Donati (che in quel momento era a capo degli Affari penali ndr) perché accettasse un trasferimento. Non dissi subito no, ma manifestai perplessità. Siamo a giugno, disse Bonafede, lei mi manda il curriculum, a settembre sblocchiamo la situazione».
«Tornai da lui e gli dissi che a queste condizioni non ero più disponibile. Cose come queste sono indimenticabili», ha detto ancora Di Matteo. «Come il nostro ultimo scambio di battute – ha affemrato – Io gli dico di non tenermi più presente per alcun incarico, lui ribatte che per gli Affari penali ‘non c’è nessun dissenso o mancato gradimento che tenga’. Una frase che, se riferita al Dap, ovviamente, mi ha fatto pensare».