Caso Bonafede-Di Matteo, il giudice Sabella: «Tempesta in un bicchier d’acqua. Piccolo errore di tatto da parte del ministro»

«Credo si stia facendo non dico una tempesta in un bicchier d’acqua ma tutto sommato qualcosa del genere, perché in realtà credo si sia trattato solo di un piccolo errore di tatto da parte di Bonafede, ma personalmente non penso proprio che il ministro abbia deciso di non nominare Nino Di Matteo capo del Dap in relazione alla vicenda della intercettazioni».
Lo ha detto all’AdnKronos è l’ex pm Alfonso Sabella, oggi giudice del Tribunale del Riesame di Napoli, a proposito dello scontro fra il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il magistrato Nino Di Matteo a causa dalla mancata nomina di quest’ultimo a capo del Dap.
«Credo che Di Matteo abbia detto la verità al mille per mille – ha spiegato Sabella – del resto entrambi hanno raccontato la vicenda nello stesso identico modo, probabilmente c’è stato un errore “diplomatico” da parte del ministro della Giustizia nel proporre a Di Matteo la nomina quando ancora aveva qualche altra alternativa che stava valutando, probabilmente la storia è tutta qui. Butterei acqua sul fuoco».
«Forse ci sarà pure una diversità nel racconto – ha commentato Sabella -, ma se devo essere sincero, da quello che sapevo io all’epoca, la proposta di Bonafede a Di Matteo era la direzione generale degli Affari penali, e obiettivamente bisogna riconoscere che questa carica aveva un significato mediatico, simbolico, molto rilevante, significava metterlo al posto che era stato di Giovanni Falcone e a causa del quale probabilmente Falcone ci ha lasciato la vita, perché è da lì che è riuscito a fare in modo che il Maxiprocesso venisse giudicato da un collegio diverso».
«Sapevo che avevano pensato a Di Matteo anche come capo del Dap, ma sapevo anche che la proposta era quella di andare a fare il direttore degli Affari penali, tanto che mi stupii che non fosse diventato direttore, ma non sapevo cosa fosse accaduto fra i due», ha aggiunto Sabella.