Dal 2 novembre il mini sceneggiato è disponibile in catalogo per tutti gli abbonati, la storia è tratta da un romanzo amatissimo.
Dalla carta stampata al piccolo schermo, il passo è stato abbastanza breve per Anthony Doerr. Che ha visto i propri personaggi prendere vita grazie alla serie Netflix tratta dal suo romanzo. Tutta la luce che non vediamo è l’opera che gli ha fatto conquistare il premio Pulitzer e trasformarla in una serie tv non dev’esser stato facilissimo.

I fan del libro si saranno accorti, vedendo le quattro puntate, disponibili per lo streaming dallo scorso 2 novembre, dei tanti tagli alla trama che sono stati fatti. E pensare che il running time sarebbe potuto essere ancora minore, come spiegato da Shawn Levy in una recente intervista a Vanity Fair. Infatti l’idea iniziale era quella di produrre un film: “Avevo la sensazione che due ore non sarebbero mai state sufficienti per restituire sul grande schermo un romanzo così bello e denso”.
Tutta la luce che non vediamo, cosa cambia tra il libro e la serie Netflix
Adattare un romanzo così importante è stata un’operazione molto complicata per Steven Knight e Shawn Levy. Che hanno lavorato alla sceneggiatura di Tutta la luce che non vediamo – tratto dall’omonimo capolavoro di Anthony Doerr, premio Pulitzer nel 2015. Inevitabile ritoccare alcuni passaggi della trama per far rientrare la vicenda nelle ‘sole’ quattro puntate. Pubblicate da Netflix come miniserie.

Lo sceneggiato segue la protagonista Marie-Laure Le Blanc, nei panni di Aria Mia Loberti, che sta cercando di nascondersi dai nazisti nella città di Saint-Malo nel periodo di occupazione della Francia durante la seconda guerra mondiale. Louis Hofmann invece interpreta Werner Pfenning. Soldato tedesco che ha come compito quello di scovare e interrompere le trasmissioni radio illegali. Le loro storie si incrociano proprio lì, lui si innamorerà inizialmente solo della sua voce.
Tra le modifiche che hanno fatto storcere il naso ai fan del romanzo sicuramente la scelta della produzione di riassumere o addirittura troncare di netto alcuni retroscena secondari ma altrettanto avvincenti. Oltre al fatto che alcuni personaggi non vengono nemmeno menzionati. Come Fredrick o Frank Volkheimer – un paio poi sono stati creati di sana pianta, si pensi al capitano Mueller e Schmidt. Per non parlare infine dell’epilogo, completamente stravolto dagli autori e dal regista che chiude con “un messaggio di speranza”.